Intelligenza Artificiale: intervista al Prof. Alessandro Londei
14 minuti di lettura
«Chi è più creativo, io o il mio computer?» (Alessandro Londei)
Cos'è l'Intelligenza Artificiale? A che punto è la Scienza in questo campo? Quali sono le possibili applicazioni pratiche? Ne parliamo con il Prof. Alessandro Londei, che conosco da quasi quarant’anni, da quando eravamo seduti allo stesso banco alle scuole superiori e, tra uno scherzo e un compito in classe, condividevamo due passioni: quella per la nascente informatica “casalinga”, con l’avvento dei primi personal computer e quella per la musica, passioni che ci hanno accompagnato in tutti gli anni successivi, fino a oggi.
Dopo il diploma, le nostre vite hanno preso strade diverse e ci siamo un po’ persi di vista, fino ad alcuni anni fa, quando lessi di lui su Internet e colsi l’occasione per ricontattarlo, perché era sempre stato una delle persone più significative nella mia vita adolescenziale e adulta.
Nel frattempo Alessandro si era laureato in Fisica ed era diventato un uomo brillante, con una vastissima cultura in diversi campi e questo nuovo incontro mi ha offerto l’opportunità di lavorare insieme a lui per la sua compagnia teatrale “Lo spettacolo continua” e di arricchire la mia (limitata) cultura artistica e scientifica, grazie alle nostre lunghe conversazioni, durante i numerosi goliardici pasti consumati insieme.
In ogni momento Alessandro è stato per me un mentore e qualche settimana fa mi è capitato di vedere, su YouTube, un video relativo a un suo intervento alla "Kreyon Open Conference 2017" sull’Intelligenza Artificiale dal titolo "Chi è più creativo, io o il mio computer?".
Mi sarebbe piaciuto rivolgergli qualche domanda e ho pensato che sarebbe stato utile condividere le risposte con i lettori del Blog di altraSoluzione.
Gli ho proposto una chiacchierata tra amici "mascherata" da intervista e lui ha accettato con entusiasmo.
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L'intervista
Ormai sei un personaggio importante e mi sento quasi obbligato a darti dell’Ella!
Scherzi a parte e andando al sodo: si sente tanto parlare dell'Intelligenza Artificiale, ma cos’è esattamente?
A mio parere, di questi argomenti si parla spesso a sproposito, soprattutto nei canali della grande comunicazione, celebrando miti del tutto inesistenti e generando spesso in chi legge un senso di inquietudine e di paura. È bene ricordare che l'Intelligenza Artificiale è una disciplina scientifica in piena evoluzione che coinvolge ricercatori di molte aree, dai neuroscienziati, ai computer scientist, dai matematici ai filosofi e di cui ad oggi è stata scalfita solo una parte estremamente superficiale. E che, soprattutto, non esiste!
Per spiegare questo punto devo fare un passo indietro. Quando insegnavo Intelligenza Artificiale alla facoltà di psicologia, mi divertivo durante le prime lezioni a provocare gli studenti dicendogli
A questo punto ricevevo tante possibili definizioni, tutte piuttosto plausibili, ma che avevano tutte una cosa in comune: nessuna riusciva a definire l'intelligenza in modo tale da poter tener fuori la più semplice delle macchine senza far uso di qualche espediente metafisico, come l'anima, le emozioni o i sentimenti.
Ad esempio, dire che l'intelligenza è la capacità di risolvere problemi significa attribuire questa caratteristica anche al tuo PC, che di problemi te ne risolve tanti.
Naturalmente ci sono definizioni molto più interessanti di questa, ma rimane il fatto che ad oggi non sappiamo veramente, intimamente, cos'è l'intelligenza.
Una definizione che mi piace abbastanza è la capacità di risolvere problemi in maniera creativa, inaspettata, indipendente dagli ingredienti che sono stati utilizzati dai programmatori per costruire quella macchina. Ma anche qui, pensandoci un pochino, ci si rende facilmente conto che alcuni software in qualche modo già operano in questo senso ma non ci verrebbe mai in mente di chiamarli intelligenti.
Turing, che tra l'altro è il padre del moderno computer, rifletté molto su questo punto e resosi conto dalla grande difficoltà di imbrigliare il concetto di intelligenza, propose un metodo per poterla identificare, riconoscere, utilizzando un sistema molto semplice e l’impiego di un giudice perfettamente in grado di discernerla: l'essere umano.
Noi siamo bravissimi a capire quando un nostro interlocutore è intelligente, così come siamo bravissimi a capire ad esempio se la persona con cui stiamo parlando ha qualche deficit cerebrale o cognitivo. Bastano poche parole e ci facciamo un'idea molto precisa riguardo alla capacità intellettiva del nostro interlocutore.
Basandosi su questo, Turing propose quello che poi è passato alla storia come, appunto, il Test di Turing.
Per valutare la potenziale intelligenza di una macchina, egli propose di chiudere la macchina in una stanza e di mettere un essere umano in un'altra stanza chiusa. Entrambi possono comunicare con un secondo essere umano nelle vesti di giudice che può parlare con entrambi attraverso un terminale.
Per dirla in maniera moderna, il giudice può "chattare" con loro ignorando chi dei due sia la macchina e chi l'uomo. Il giudice a questo punto può rivolgere ai due qualsiasi domanda, può richiedere di parlare di matematica come di arte, di cosa mangeranno per cena o cosa ne pensano dell'amore, qualsiasi argomento è permesso.
Dopo un tempo arbitrariamente lungo, se il giudice non riuscirà a capire chi è la macchina e chi l'essere umano allora il test avrà avuto successo e la macchina potrà dirsi intelligente. Ecco, fino ad oggi una cosa del genere non è mai accaduta.
Questo approccio viene definito
Mediante questi sistemi oggi si riescono a fare elaborazioni che fino a pochi anni fa sarebbero state davvero impensate, come ad esempio riconoscere volti su un'immagine, tradurre simultaneamente un testo in un'altra lingua, giocare a un gioco come gli scacchi o realizzare dei trainer automatici, come ad esempio Siri, in grado di interagire ad alto livello con un utente umano.
Per tornare al dettaglio dalla domanda, chi oggi fa ricerca nell'ambito dell'Intelligenza Artificiale cerca di esplorare modalità sempre più efficaci per ottimizzare i sistemi attualmente in uso, quindi svolgendo un'attività parimenti teorico - matematica e tecnologica, ma anche ispirarsi sempre più alle conoscenze neurofisiologiche, che si aggiornano sempre più nelle neuroscienze, e costruire meccanismi in grado di astrarre ulteriormente le informazioni di base che vengono percepite dalla macchina.
Il grande gioco ha naturalmente grandi ricadute tecnologiche, e quindi economiche, ma anche la finalità ultima di capire come funziona la mente e, in ultima analisi, noi stessi.
Per fare un esempio che potrà sorprendere, è stato dimostrato che in diversi domini di interazione sociale dove sono in opera i cosiddetti sistemi di raccomandazione, questi ultimi, unitamente alla grande facilità di comunicazione offerta da Internet e dai Social, stanno amplificando profondamente le fratture sociali.
Esempio chiaro: il sistema di raccomandazione di Facebook (il “Like”) facilita la comparsa sulla mia bacheca di post pubblicati da persone il più possibile simili a me, contenenti argomenti che, in qualche modo, sono compatibili con i “Like” che ho messo in passato o con i post con i quali ho interagito più intensamente.
Ovviamente questo è un approccio ragionevole, il sistema cerca di raccomandarmi cose che potenzialmente possono interessarmi o piacermi.
Il problema dove sta? Che in questo modo tendiamo tutti ad interagire sempre più con chi la pensa come noi, scoraggiando allo stesso tempo il confronto dialettico tra pensieri opposti e alimentando un rifiuto sempre maggiore verso chi è diverso da noi.
Ci ritroviamo sempre più in quelle che vengono chiamate echo-chambers dove diciamo più o meno tutti la stessa cosa e non riusciamo più ad accedere ad una visione più ampia e tollerante.
Fenomeni simili si riscontrano anche in sistemi di raccomandazione più innocui, come quelli che consigliano quale musica ascoltare, quali acquisti fare o che libri leggere.
Siamo innocentemente spinti a rimanere nelle nostre certezze, senza alcuno stimolo che ci permetta di esplorare altre cose non eccessivamente distanti da noi ma tali da stimolarci a compiere un percorso conoscitivo più utile a noi stessi e probabilmente alla comunità a cui apparteniamo.
L’utente medio della rete tendenzialmente cerca conferma delle proprie convinzioni, spesso irrazionali e senz’altro ispirate da chi può trarre vantaggio dal senso di insicurezza innescato dalla circolazione di certe notizie normalmente fasulle e si accontenta di ritrovarle da qualche parte purchessia,
In questo i Social, così come sono al momento, non sono in grado di porre un freno sia perché è difficilissimo identificare in modo automatico le Fake News, sia per quello che abbiamo discusso prima riguardo ai motori di raccomandazione.
Alla fine un punto fondamentale rimane il peso specifico della propria cultura, della propria educazione, che non ci rende del tutto immuni dall’esposizione verso le assurdità, ma quanto meno può innescare in noi il costante desiderio di volerci veder chiaro, di
Quindi, prima di tutto, bisogna capire a che livello di tutto ciò si vuole lavorare.
Oggi esistono numerosi operatori nell’ambito del Machine Learning che non sono necessariamente fisici, matematici o ingegneri: per poter iniziare è sufficiente cominciare a guardare su internet che è davvero piena di corsi, tutorial, documenti e libri a prezzi decisamente bassi, se non in molti casi addirittura gratuiti.
Per farsi un’idea, è possibile esplorare siti di formazione online come Coursera o Udemy per capire l’enorme quantità di offerta in questi ambiti.
Inutile dire che
Certamente, tutto ciò non farà di noi degli scienziati o ricercatori, ma a mio parere è un buon modo per avvicinarsi alla materia, soprattutto tenendo conto che oggi esistono molti sistemi di sviluppo davvero semplificati rispetto al passato basati su linguaggi tipo Python ("Machine learning con Python. Costruire algoritmi per generare conoscenza: 1") o ambienti come
Il salto verso una professione più di ricerca deve necessariamente passare attraverso un percorso di studi di livello universitario, e qui la scelta può essere variegata. Da Ingegneria della Computer Science ("Intelligenza artificiale. Un approccio moderno: 1") alla Fisica dei Sistemi Complessi, dalla Matematica fino a percorsi più inerenti alle cosiddette Neuroscienze Computazionali, quindi da dimensioni più vicine ai versanti psicologico-cognitivi o neurofisiologici.
Per quanto riguarda le possibilità di lavoro, direi che le opportunità stanno diventando di giorno in giorno più concrete sia nei settori di Ricerca e Sviluppo di società private italiane o estere (soprattutto estere!) che nell’ambito delle applicazioni al Business Digitale attraverso tecniche di Data Science ("Data science. Guida ai principi e alle tecniche base della scienza dei dati") o di Machine Learning.
Suggerisco ad esempio di dare un’occhiata alle offerte di lavoro che vengono presentate da Social come
Grazie Alessandro! Come sempre, è stato veramente piacevole e istruttivo ascoltarti!
Conclusioni
Spero che questa intervista sia stata d'aiuto a coloro che, come me, s'interessano alla Scienza, anche come semplici amatori e... chissà... per i più giovani potrebbe anche essere uno stimolo a intraprendere un percorso di studi al quale, forse, non avevano ancora pensato.
Dopo l'intervista, ho saputo che Alessandro ha
L'intervento di Alessandro Londei "Chi è più creativo, io o il mio computer?" nella "Kreyon Open Conference 2017" sull’Intelligenza Artificiale è in questo video:
Alessandro Londei: "Chi è più creativo, io o il mio computer?"
Se vuoi chiedere ulteriori spiegazioni o se vuoi esprimere la tua opinione non esitare a
Grazie per averci letto fin qui!