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Posizionamento Google: storia di un insuccesso

Cioè, cosa NON fare per essere primi su Google

Posizionamento Google: FAIL

Una corretta indicizzazione e un buon posizionamento su Google sono fondamentali per il successo di quasiasi attività Web.

Forse ti starai chiedendo perché uno sviluppatore di siti web dovrebbe pubblicare sul sito della sua attività la storia di un insuccesso. Il motivo è semplice: è grazie agli insuccessi se nella vita ho imparato qualcosa e se oggi posso sperare di essere migliore di ieri.

Inoltre sono convinto che questa mia esperienza possa aiutare altre persone, che siano miei "colleghi" o miei Clienti, nel posizionamento sui motori di ricerca dei loro siti Internet e a non commettere grossolani errori SEO.

La storia

Qualche tempo fa, una persona che conosco da molti anni, mi chiese di rinnovare il suo vecchio sito Internet perché (secondo lui) era colpa del sito se la sua azienda era agli ultimi posti dell'Inferno di Google.

Sito bruttoIn effetti il sito, realizzato parecchi anni prima dal solito "figlio dell'amico del cuGGGino", era assai bruttino e utilizzava alcune "furbate" per guadagnare qualche posizione rispetto alla concorrenza (tra l'altro a quei tempi praticamente inesistente su web), tutte cose che allora forse funzionavano ma che oggi Google punisce, sbattendoti in fondo alla "classifica".

Tanto per fare un esempio, una delle suddette "furbate" era quella d'inserire nella pagina una lista di centinaia di parole dello stesso colore dello sfondo (invisibili nel browser) che permettevano di essere indicizzati per altrettante parole chiave.

Per motivi di riservatezza non fornirò alcun dettaglio che possa far identificare il protagonista di questa storia (magari lui si riconoscerà e ci faremo una risata insieme ). Basti sapere che l'attività di questa persona era molto particolare e i concorrenti non erano numerosi.
Quindi ho pensato che non sarebbe stato troppo difficile, lavorando bene, fargli ottenere un posizionamento decente almeno a livello italiano e magari qualche vendita.

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Inoltre, sapevo che questa persona, pur essendo completamente digiuna d'informatica e di Internet, conosceva bene il suo lavoro e godeva di discreta reputazione nel suo settore. Quindi accettai la "sfida".

RedirectConsiderato che il vecchio sito non riceveva una visita da anni e che di certo non si perdeva nulla in termini di click e che, tanto per non farci mancare nulla, aveva ricevuto numerosi "ban" a causa di un "virus" che aveva infestato il sito, consigliai di ricostruire una nuova "verginità" cambiando dominio, tantopiù che nel frattempo la ragione sociale era cambiata.
Al massimo avremmo potuto inserire sul vecchio sito un redirect automatico verso il nuovo (con qualche perplessità, visti i "ban" di cui sopra), qualora qualcuno avesse improvvisamente trovato il bookmark nel browser (dubito ) e avesse desiderato visitarlo (ri-dubito ).

L'obiettivo

MissioneIl simpatico amico mi aveva comunicato il suo scopo molto chiaramente: avere un buon posizionamento su Google (che strano eh? ) cercando di ottenere qualche conversione e vendere qualche prodotto on-line.
Quindi, nel progettare il sito, orientai i miei sforzi verso il raggiungimento di quest'obiettivo.

Il metodo

Thumbs DownLe prime difficoltà nacquero già nella fase di progettazione del sito a cui io volevo dare un'impostazione prevalentemente testuale, con contenuti molto ricchi e molto specifici. Si perché, dato il settore di mercato estremamente particolare, era molto difficile poter ottenere acquisti da un visitatore "casuale" ed era molto meglio concentrarsi su un buon posizionamento per keyword "ben calibrate", tantopiù che l'attività si rivolgeva a un pubblico mondiale (non locale).

Il titolare, invece, insisteva per avere soltanto uno slideshow full screen in prima pagina, senza alcun testo, che può andar bene per chi vende immagini, come un fotografo o un pittore (ma anche in questi casi ci sarebbe da discutere per la SEO), non certo per chi vende "pezzi di ferro", come li chiamo io, dall'aspetto tutt'altro che gradevole.

A nulla sono serviti i miei suggerimenti, spesso orientati verso il compromesso, chiedendo a questa persona di pensare almeno a una didascalia di 4-5 righe per ciascuna foto che avremmo inserito e che contenesse almeno una delle keyword con cui voleva essere trovato.
La didascalia, oltre ad aiutare l'indicizzazione da parte dei motori di ricerca, aveva anche lo scopo di far capire al visitatore di cosa si occupava la sua azienda, perché altrimenti non lo avrebbe capito neanche chi la conosceva!

Non c'è stato niente da fare. L'unica cosa che ho ottenuto sono state 3-4 parole per ogni foto, 3-4 parole che altro non erano che il numero del modello dell'oggetto nella foto e una sua brevissima descrizione. Per far capire di cosa parlo, erano didascalie simili a questa: "XY12345 Cucchiaio di metallo".

«Va bene, pazienza, tenteremo di migliorare nelle altre pagine...», mi sono detto, cercando di non gettare la spugna mentre attendevo con ansia di ricevere queste meravigliose foto a cui dare così tanto spazio in prima pagina.

L'attesa finì presto e con essa anche l'illusione di riuscire a fare almeno una prima pagina "bella", se non "utile". Si perché le foto che ho ricevuto erano state scattate con il cellulare, con bassa illuminazione ("grana" grossa come chicchi di grandine), in ambiente "naturale" (una specie di scantinato), su oggetti pieni di polvere e perfino con inquadrature "storte".

Quando ho tentato di far capire a quella persona che forse non era il caso di pubblicare foto di quella qualità, soprattutto in prima pagina e a schermo pieno, la risposta è stata «No, no! Vanno benissimo così! Non voglio che sembri il sito di un'azienda seria!»

Le scelte

Parole chiaveColpito (al mento) da questa sua frase, diedi fondo a tutte le mie riserve di pazienza cercando di pensare a cosa avremmo potuto inserire nelle altre pagine per colmare, almeno in parte, la voragine creata con la prima pagina.

Ma fui preceduto dalle richieste del titolare del sito:

  • Pagina "Chi siamo" con 11 righe in cui non appare neanche una delle keyword con cui voleva essere trovato. In compenso in queste 11 righe appariva 5 volte il nome della sua azienda, una ridondanza inutile soprattutto perché il nome dell'azienda NON conteneva alcuna keyword (ovviamente) e inoltre era l'unica cosa che Google aveva già trovato sul suo sito.
  • Pagina in cui spiegava una parte delle sue attività in un totale di 7 righe in cui appariva una sola delle 3 keyword principali con cui voleva essere trovato. Ma queste 7 righe erano farcite con ben 8 foto della stessa qualità di quelle della prima pagina, forse addirittura peggiore.
  • Pagina "Prodotti" in cui erano elencati i modelli in vendita. Più di 450 prodotti identificati soltanto da marca e modello, senza una descrizione dettagliata, senza un prezzo, senza una foto (qui forse sarebbero servite per permettere al visitatore di riconoscere l'oggetto, ma ovviamente il titolare non ha voluto metterle ) e soprattutto senza neanche una keyword!
  • Pagina "Contatti", ovviamente senza keyword.

Il gran finale

Ogni discussione fu inutile. Sosteneva che lui sapeva come si fa business perché era sul mercato da tanti anni e sapeva cosa volevano vedere i suoi possibili clienti. Volle il sito così e, nella migliore tradizione "attacca il somaro dove vuole il padrone", così io lo feci. Ma non senza una grande tristezza nel cuore, tristezza dovuta al fatto che mi era stato impedito di far bene il mio lavoro.
Ma non mancai di avvisarlo che un sito così a lui non serviva e che sarebbe stato fortunato ad apparire in millesima posizione su Google e a ricevere una decina di visite all'anno.

Recentemente questa persona mi ha ricontattato. Per quanto possa apparire scontato il motivo di questa telefonata (ovvero un ranking di Google disastroso) non sono state altrettanto scontate le conclusioni del simpatico amico che, non volendo spendere tempo nel costruire contenuti di qualità, mi ha detto «Voglio pagare Google per mettermi ai primi posti. Si può fare?»

Ho cercato, di nuovo, di spiegargli come funziona Google, gli ho mostrato i siti dei suoi concorrenti che appaiono nelle prime posizioni (alcuni molto ben fatti, devo dire), facendogli vedere quanto fossero ricchi di testi, documentazioni, commenti e tante altre cose pertinenti gradite a Google e puoi facilmente immaginare quanto sia stato difficile per me tentare di spiegargli (ovviamente senza successo) che, se sul sito non ha nulla, pagare Google AdWords non serve a nulla.
Perché ammesso che, spendendo un "Patrimonio Per Click" (libera interpretazione dell'acronimo PPC ), riesca a battere nelle aste AdWords i suoi più furbi (e facoltosi) concorrenti e ammesso che, una volta ottenuta la pubblicazione dell'annuncio (cosa difficile vista la qualità dei contenuti, anche con un'offerta alta), riesca a catturare alcuni sventurati visitatori, questi abbandoneranno il suo sito dopo 3 secondi, forse meno se sono molto veloci col mouse e lui avrà pagato il click senza ottenere alcun risultato di vendita.

Gli spiegai che una scelta del genere sarebbe servita solo a dilapidare un budget che avrebbe potuto essere investito nell'assumere, anche temporaneamente, uno dei tanti ragazzi laureati e disoccupati di cui purtroppo è pieno il nostro sfortunato Paese, uno dei tanti ragazzi del 2000 che sanno utilizzare il computer, Internet e i Social Network e che magari fosse anche competente nel settore specifico del mio amico e che potesse pensare alla creazione di contenuti di qualità, permettendo così al famigerato sito di risalire la china del ranking nelle ricerche organiche, fino alle prime posizioni e magari di rimanerci per un po' di tempo.

A distanza di parecchi mesi il sito è ancora esattamente come l'ho lasciato, nessun aggiornamento è stato fatto, nessun nuovo articolo, neanche una riga di testo aggiunta e ovviamente è ancora in fondo alle classifiche di Google.

Cosa ho imparato da questo insuccesso? Che a volte, per il bene del Cliente (o dell'amico), bisogna saper imporre le proprie scelte e che di fronte a una resistenza eccessiva, come in questo caso, bisogna saper rinunciare al lavoro accettando la sconfitta.

Aggiornamento del 06/09/2017: il Cliente in questione, visto l'ottimo posizionamento raggiunto in poco tempo dal sito di altraSoluzione, mi ha detto «Ma... allora tutte quelle cose che mi dicevi sui testi, sui contenuti sono vere! Però io non ho tempo da perdere, quindi il mio sito rimane così com'è!»
La mia risposta è stata: «Contento tu...!»

Fabio Donna

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